Grandubbione: cresta dell'uranio!
























Due giorni di riposo, me li concedo.
Tra Ailefroide, il Rocher Baron ed il week end arrampicatorio tra Vernante e Roccabruna mi sento vagamente stanco - nota: non voglio ammetter d’esser sfinito-.
Così lunedì e martedì li passo in casa tra un giro in guzzi ed una partita alla playstation. Poi martedì sera sono preda dell’astinenza da montagna così propongo all’audace di far qualcosa di divertente per il giorno dopo.
Mi ritorna in mente d’aver letto di una bella cresta di 300 metri a Grandubbione in Valchisone uno degli angoli più panoramici di quelle valli.
Si tratta di un bell’itinerario non troppo impegnativo dato che le difficoltà si fermano al V+.
Così mercoledì alle 06:30 sono gia un grillo, pronto vestito e pulito!
Si parte!
Arriviamo a Grandubbione in un lasso di tempo imprecisato tra la notte ed il primo mattino. Il tempo di parcheggiare prendere la rumenta - viaggiamo leggeri ad eccezione di due friend BD che porto con me per scaramanzia-.
Il sentiero è pittoresco perché conduce verso una vallata deserta fatta di roccia e pendii erbosi. Qualche baita abbandonata qua e là sembra ricordare di tempi passati oramai lontane vestigia che la nostra modernità ha sottratto alla dignità di quei posti.
Presto - ma neanche troppo visto che il sentiero è stata spazzato via dalle recenti piogge- giungiamo all’attacco della via.
Si inizia sullo spigolo sinistro della ‘Rocca del Visconte’.
Si tratta di una magnifica struttura di gneiss piramidale alta 120 metri e con alla sommità quello che sembra un grosso fungo di pietra.
La via parte subito spedita con una prima lunghezza che oppone difficoltà maggiori di quelle indicate sulla relazione.
La roccia ha un’ottima aderenza.
Arrivo alla prima sosta, un terrazzino sospeso, da dove recupero l’audace.
La seconda lunghezza procede prima dritta poi ancora sullo spigolo ad evitare con divertente arrampicata un muro apparentemente senza prese.
Con la terza infine si giunge sotto il fungo che scopro essere una serie di tetti sovrapposti, la sosta, particolarissima, è alla base di questi tetti.
Da questo tratto in poi la chiodatura comincia a diventare più impegnativa.
Calano le difficoltà ma sui tratti facili i chiodi sono assenti costringendo a far attenzione.
Così mi tornano utili i due friend attaccati all’imbrago.
La linea non è più tanto semplice da seguire perché senza indicazioni ne spit bisogna andare un po’ a stimo, ma per fortuna ‘stimo’ bene.
Le soste spariscono sostituite da un solo spit con un maillon che non dà troppa noia essendo sempre molto comode tutte le soste.
Così dopo una serie di tiri meno interessanti si giunge al cospetto della seconda rocca.
Impressionante fin da subito con al centro una fascia giallastra di strapiombi e muri lisci.
Noi saliremo poco più a sinistra della spigolo solcando fessure e diedri.
La penultima lunghezza scorre bene con l’unica accortezza di fare attenzione al primo spit circa 10-12 metri dalla sosta.
Un solo passo di V+ su di una placca liscia ma con prese discrete per le mani. Facile e veloce certamente più dei primi due tiri dati di pari grado.
Così arriva l’ultimo tiro: il primo spit a 8 metri dalla sosta con un passetto d’aderenza poco prima invita alla cautela. Segue una lama dove è possibile integrare con una longe attorno ed un passo singolo leggermente aggettante ad affrontarsi con l’uso della lama prima per le mani poi per i piedi.
Ed in men che non si dica siamo in CIMA!
La discesa è a piedi sulla destra orografica prima per tracce di sentiero ed omini dopo bel sentiero vicino al fiume.
Una bella via, cari lettori, di sicura soddisfazione mai banale a causa della chiodatura ma di sicuro impatto per l’ambiente e la magnifica roccia!
Alla prossima -molto presto!-

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