Tornati dal Friuli decidiamo di combinare con le facce note.
Cioè gli amici accordati.
Dove andiamo, dove non andiamo decidiamo di testare le bielle il quel di Revello.
C'è di tutto e di più, una magnifica falesia, di uno gneiss lavorato a buchi e buchetti che tanto mi riporta all'amato calcare.
Ritrovo alle 10 in piazza a Envie e per una volta devo dare atto agli accordati d'esser arrivati prima di noi.
Cribbio, possano mai aver vantaggio così immediato.
Gia medito la vendetta!)
In breve siamo sotto alle pareti di Revello e devo darne atto, fa un freddo cane. Ma proprio di quell'intensità che ogni tre secondi ci si guarda attorno per veder se si è nel profondo nord europeo.
Così il miglior modo per scaldarsi è iniziare la scalata.
Giuseppe timorato del dio della roccia apre un IV che per ovvi motivi guardo con disgusto - devo pur mantenere un certo distacco-.
Così partiamo io e l'audace per quel bel ma breve viaggio che è il tetto giallo.
Non trovo le prese, ma salgo lo stesso aiutato dalla mia testardagine e da quel pizzico di amor proprio che non guasta mai.
Intanto che gliaccordati, finita la via per bambini, si cimentano col tetto e ne escono bene mostrando al mondo intero la loro tecnica ''se la fasu nen cascu come una pera''.
Ecco, ora accade il fattaccio inenarrabile.
Ora siccome so che Giuseppe - gran maestro degli accordati- ama le vie di montagna decido di mettergli su un bel diedro.
E' una via estetica, quasi di montagna pur trovandosi nel contesto della falesia.
Purtroppo per lui ometto di dirgli che il diedro va usato solo in minima parte.
Così Giuseppe parte con tutta la rumenta attaccata all'imbrago quasi che se l'avessero fotografato ed invecchiato la fotografia non l'avreste distinto dal Bonatti degli anni d'oro.
Parte, la prima sezione su buone prese gli riesce bene, il ''difficile'' è finito ma non per lui.
Inizia il diedro e lui, entrando nella mente di un chiodo, vi si infila dentro.
Si incastra si contorce, lotta con tutto il suo essere in quel titanico scontro tra la roccia e l'uomo, tra i suoi pantaloni che si strappano e la parete che se ne infischia.
Si lamenta, soffre.
Poi alla fine, quando oramai era tardi e pensavamo di chiamare i soccorsi, Giuseppe esce dalla sommità del diedro.
E' provato, solo più coi brandelli dei pantaloni e con lo sguardo allucinato di chi vorrebbe dire:" ho visto cose che voi non potreste nemmeno immaginare''.
Il volto sconvolto dalla fatica, i capelli come se avesse preso la scossa.
Fiorella accoglie il suo ritorno a terra come se tornasse dal fronte.
E noi, che siamo stati abbagliati da questa visione, dal toscano incuneato nel diedro piemontese non possiamo che pensare una solo frase:
Era meglio morire da piccoli.
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