L'arrampicata è una storia infinita.
Quando anche pensi di aver visto e scalato ogni roccia rimarrai sempre stupito magari da una parete non tropicale ma poco distante da casa tua.
E proprio una di queste situazione stupefacenti è capitata a noi in questa meravigliosa giornata di bel tempo.
Tronfi delle previsioni di bel tempo puntiamo il dito sulla guida della zona di Agordo da cui salta fuori il nome della falesia della Pèra di Casèn.
La guida descrive la palestra di roccia come in zona panoramica nei pressi del passo Duran. Quale miglior occasione, quindi, per godere non solo della scalata ma anche della vista dei magnifici massicci montuosi delle nostre Dolomiti?!
Arriviamo al passo Duran passando da Zoldo con un itinerario che si rivela breve ma curvilineo. Comunque sia la tragicomica guida di Stankomort ci porta più o meno vivi – forse un poco ansieggiati- a destinazione.
Una sola sosta al passo Duran dove l'audace si scopre novella Heidi e regale i propri mangerecci – in realtà lo fa per dimagrire maledetta pseudo anoressica!- alle mucchette in pascolo.
L'incontro con il pittoresco papà del chiodatore ci permette di rintracciare agilmente la falesia che dopo una quindicina di minuti di cammino in un bel bosco si mostra in tutta il proprio splendore.
La falesia della Pèra è costituita da un grosso masso di dolomia alto sui venticinque metri e d'aspetto vertiginosamente verticale. La roccia è molto lavorata, buchi, tacche e gocce mostrano ben presto la via per salire gli itinerari.
La palestra presenta un'ottima varierà nelle difficoltà con 16 vie che variano dal 6a al 7a con forte presenza di 6b e 6c. L'attrezzatura è buona e recente a spit e qualche fittone resinato. Le vie si sviluppano, salvo qualche eccezione, per l'intera altezza della parete regalando esposizione e continuità.
Passiamo quasi subito al duro lavoro del climber: scalare!
Il riscaldamento segue la stessa trafila per tutti: un giro sulla lunga, scalabile e divertente 'innominata'(6a) un tiro sul filo dello spigolo che segue fessure, lame e tacche sempre nette.
Persino Stankomort conviene sulla bellezza della via nonostante la trovi durissima e si domandi, probabilmente tra se e se, se li sia mai morto nessuno. L'audace rediviva, col dito quasi tornato a nuovo, si gode quella lunga scalata come un golosone godrebbe di un gelato da 50 euro.
Passiamo ad altre vie, tutte meritevoli, finché la mia attenzione viene attratta da una lavagna di calcare con qualche tacchetta smagnesata. E' la via 'Storia Infinita' un 7a tecnico e verticale che sembra attendermi a braccia aperte.
Un po' come Ulisse attratto dal canto delle sirene non posso che lasciarmi andare al richiamo seducente di quel tiro.
Così assicurato dalla solita audace parto sulla Storia Infinita.
La via colpisce subito per la compattezza del calcare e per la sua verticalità.
Una prima sequenza facile su buone tacche conduce ad un muro più liscio dove trovo ad accogliermi prima un verticalino e poi due piccole tacche da due dita. Naturalmente prima ancora di poter far mente locale sono appeso alla corda.
La sequenza dura si conclude con un piattone verticale da cui si va ad una buona tacca e di qui la via è più semplice sino alla sosta.
Scendo con l'idea di poterla chiudere in pochi giri – bisogna pur pensare in grande, no?!-
Intanto assicuro Stankomort e l'audace mentre di cimentano su di alcune belle vie e guardo sorridendo un Toby particolarmente felice mentre dorme come un ghiro – si, ma un ghiro morto!-.
Dopo poco Stankomort getta la spugna adducendo improbabili malesseri quali: dolore ai polsi, ai gomiti, alle dita e gastrite dovuta alla digestione del pranzo – ma se abbiam mangiato due panini?-.
Vergogna Stankomort!
Anzi da ora in poi di chiameremo Checcamort!
Fatti vergognosi a parte riparto nuovamente su la Storia Infinita.
Mi sento bene e presto sono sul passo più duro. Tengo bene le due tacche, mi apro al piattone verticale che manco malamente volando inesorabilmente verso il basso. Riguardo le sequenze e vado in catena.
Assicuro l'audace mentre Checcamort porta Toby a fare due passi – non si può mica sempre dormire!-.
Tocca infine a me l'ultimo, si spera trionfale, tentativo su la Storia Infinita.
Non starò a dirvi metro per metro quello che ho combinato ma parto carico e convinto e mi ritrovo pochi minuti dopo in catena con lo sguardo pieno di felicità.
Un 7a, per di più molto bello, al terzo giro!
Alè!
Merito senz'altro dell'allenamento Ertano ma ,se posso esser immodesto, anche mio!
Scendo super galvanizzato con l'audace che si congratula e Maurizio alias Checcamort che mi chiede se ho fatto tanto sforzo perché potrebbe alzarmisi la pressione – e ma allora lo fai apposta!-.
Smontiamo tutto per andare a festeggiare ed in men che non si dica siamo a Longarone dove gustiamo un superlativo gelato mentre Toby abbaia più o meno per due ore perché ha dormito tutto il giorno e le sue pile sono più cariche delle duracell!
Io restai a chiedermi se l'imbecille ero io, che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui che la pigliava come una condanna ai lavori forzati; o se lo eravamo tutti e due.
Molto simpatico il racconto!
RispondiEliminaLota